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Le favole dimenticate di Babrio
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Babrio è un poeta di lingua greca, forse di origine italica, vissuto nella Siria del II secolo, al tempo della dominazione romana. Della sua vita sappiamo pochissimo ed è praticamente sconosciuto in Italia. Ma è noto agli studiosi per aver trasposto in versi le favole di Esopo, con garbo ed eleganza. Della sua opera non rimanevano che poche favole, conservate in codici sparsi o confuse nel grande mare della tradizione esopica. Finché nel 1842 fu scoperto nel monastero di Santa Laura sul monte Athos, nella penisola Calcidica in Grecia, un codice manoscritto contenente oltre 100 favole del poeta. Subito si accese l’interesse per questo autore troppo a lungo dimenticato: comparvero le prime raccolte delle sue favole, che furono tradotte dapprima in latino e poi in tutte le principali lingue europee, tranne che in italiano: un’assenza davvero imperdonabile, che questo libro intende colmare. Fino a oggi infatti, in Italia, l’opera di Babrio è rimasta confinata nell’ambito delle ricostruzioni filologiche degli studiosi e dei cultori del greco antico, ma non ha conosciuto una diWusione presso il grande pubblico, come è
accaduto invece a Fedro e La Fontaine. Babrio, quindi, si inserisce nella tradizione esopica, ma scrive le sue favole in giambi, cioè secondo un ritmo particolare del verso che possiamo
paragonare a quello di un cavallo al galoppo: clip-clòp, clip-clòp, con un saltello nel passo finale. È un’andatura briosa, al tempo stesso agile e leggera. Proprio ciò che serve per allenare le giovani menti, senza annoiare: con le favole, appunto, in cui gli animali e gli dei parlano con noi e di noi, rispecchiando i nostri vizi e le nostre virtù, e ci regalano preziosi insegnamenti!
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